Adolf Loos


Ci stiamo muovendo verso quello movimento che viene chiamato razionalismo (o funzionalismo), ovvero quel movimento per cui è possibile riconoscere la funzione dell’edificio dall’aspetto esteriore. Edificio funzionale sempre molto essenziale, che non ha bisogno di particolari decori (ci muoviamo verso una sempre maggiore semplificazione); un discorso che parte dal classicismo strutturale francese della metà del 600 (con Cordemoy, il quale riteneva che l’ornamento dovesse essere adeguato all’edificio).
Viene considerato proto-razionalista Adolf Loos (1870-1933), nasce a Brno, lavora sopratutto a Vienna anche se dal 1893 al 1896 fa un viaggio negli Stati Uniti, dove viene a contatto con l’approccio razionalista della scuola di Chicago. 
Scrive molto sul dibattito relativo all’architettura, tra cui ricordiamo “A proposito di un povero ricco contro la secessione” dove appunto si scaglia contro la secessione e in particolare la decorazione; ma anche lo stesso “Ornamento e delitto” mentre nello stesso periodo è editore del “Giornale per l’introduzione della civiltà occidentale in Austria”.
Sino al 1910 la sua produzione è principalmente quella di trasformazione di interni preesistenti, in seguito inizia la costruzione di case, dove elabora il concetto di Raumplan (piano di volumi), egli ritiene che ogni ambiente deve avere le sue particolari funzioni e quindi deve avere una sua particolare altezza (possibile grazie all’uso del cemento armato); tutto questo viene racchiuso in modo che questa differenza di altezza dei solai non si possa leggere dall’esterno se non attraverso il posizionamento delle bucature (sempre estremamente libere, che determinano la composizione della facciata).

Come abbiamo detto nella prima parte della sua vita lavora sopratutto per interni, come nella sartoria Ebestein (1897) dove troviamo un interno estremamente elegante e sobrio, senza elementi decorativi. Opera di grande rigore compositivo e di grande attenzione nell’uso dei materiali è il Kärntner bar o American bar (1907), in questo caso Loos si trova a lavorare in uno spazio di piccole dimensioni ma che rende ricchissimo attraverso l’uso di marmi pregiati, ottone e sedili in pelle. Inoltre grande perizia tecnica nel soffitto cassettonato in legno e rivestito in marmo; anche per Loos la decorazione viene data dal materiale stesso.

Una delle opere più importante è la Looshaus nella Michaelerplatz del 1909-11, si tratta di un edificio estremamente moderno per la sua quasi totale mancanza di decorazioni, Loos infatti riteneva che il linguaggio della metropoli è l’assenza dell’ornamento.
Alla facciata curvilinea degli altri palazzi che si affacciano sulla piazza Loos contrappone un edificio in cui i primi due piani sono dedicati ad attività commerciali con la vetrina, con vetro curvilineo, che può essere visto come un rimando all’architettura barocca creando una articolazione compositiva basata sulla dialettica di storicismo e preesistenza con l’invenzione del nuovo.
La composizione della facciata è ancora una volta di tipo classico, leggiamo un basamento (che è la parte commerciale), caratterizzato dalla colonna (che nel linguaggio di Loos sta ad indicare la destinazione commerciale dell’edificio urbano, come l’uso del marmo all’esterno), seguono una serie di piani uguali (caratterizzate da finestre senza cornicioni) ed infine una conclusione della copertura in metallo (che può riprendere dalla tradizione del paese, come l’uso dell’intonaco bianco).
La composizione viene poi vivacizzata con delle fioriere che si trovano davanti alle finestre. Da notare nella parte commerciale all’interno troviamo delle scale che portano ad un ballatoio, la cui parete frontale è inserito un grande specchio, un modo per portare la luce esterna all’interno.
E’ presente un finto mezzanino, che ha solo un significato formale, mentre all’interno la decorazione è realizzata attraverso l’uso dei marmi.

Altro edificio interessante è la casa Steiner (1910), interessante per la forma del tetto, che è una porzione di botte, sulla facciata sulla strada. Il regolamento edilizio di Vienna non voleva che ci si alzasse oltre un piano e mezzo sul fronte stradale, Loos si trova a lavorare su un declivio verso la facciata opposta alla strada e allora decide di inglobare i piani superiori in questa porzione di botte, tali da far pensare di avere solamente un piano e mezzo. 
Sulla facciata che da sul giardino compone una facciata estremamente severa, dove possiamo notare la libertà di bucature (diverse a seconda dei piani), anche se ancora simmetriche. 
Usa ancora l’intonaco bianco, tipico dell’architettura del luogo, anche la volta a botte in metallo è una ripresa dell’architettura locale; inoltre possiamo notare in questo progetto la grande differenza tra esterno ed interno tipica della sua progettazione. Notiamo come l’esterno è sempre molto freddo e chiuso, mentre l’interno è sempre molto caldo (utilizzando in genere il legno e il camino bene in evidenza).

Sempre di Loos è la villa Scheu (1912), venne molto criticata all’epoca perché non aveva alcuna delle caratteristiche principali della casa austriaca, ma più che altro sembra fare riferimento alla casa mediterranea. Ha un orientamento delle terrazze ad est, dove si affacciano delle finestre molto semplici. Anche qui è presente la dicotomia tra interno ed esterno, con un’intonaco bianco molto serio all’esterno e all’interno pieno di calore, con materiali come il legno; è un esempio anche questo di raumplan con una notevole fluidità di spazi.

Nella casa per Helene Horner (1912) riprende certe caratteristiche della casa tradizionale, anche se la facciata dimostra una grande libertà interna e poi troviamo la grande botte, caratteristica peculiare della casa.

Viene attribuito a Loos il progetto dello zuccherificio (1916), che presenta un grosso corpo con al di sopra un ulteriore piano arretrato e al centro una grande ciminiera, da notare la scansione del blocco di fabbrica con i pilastri molto regolari che ci riportano al neoclassico.

Nel 1921 Loos lavora per il comune di Vienna e si occupa di abitazione di massa con le  Siedlung am heuberg, realizzate da Meyer tra il 1923-24. 
Per questo tipo di abitazione propone la tecnica dell’Hans Mit Einer Mauer (un brevetto di Loos del 1921) si tratta infatti di costruire case a schiera per la massa operaia e cerca di semplificare il progetto e contenere i costi abolendo la cantina, riducendo fondazioni alle sole pareti in comune con le altre case, mentre le facciate sono appese a questi muri e costruite con materiali di basso costo (lastre di amianto, cartone compresso, eternith, tutti materiali leggeri). In ogni modo sono case pensate per durare un certo numero di anni e che permettono di avere una manodopera non specializzata e quindi di abbattere i costi; inoltre ogni unità abitativa era dotata di 200 metri di giardino-orto.

Nella villa Rufer (1922) troviamo la forma cubica (molto utilizzata da Loos) scavata su uno spigolo da una loggia, la casa si articola sul pilastro centrale (che contiene anche gli impianti), mentre le molte scale visibili in pianta ci danno l’idea dei molteplici raccordi tra i vari piani. La casa si conclude con un cornicione, che è una ripresa storicista, anche qui troviamo un’esterno molto freddo e l’interno caldo ed accogliente.

Ricordiamo anche il progetto della nuova sede del Chicago Tribune (1922), un progetto variamente interpretato, la sua proposta è in sostanza una colonna dorica, quindi alcuni la interpretano come una risposta sarcastica alla tipologia del giornale (molto conservatore), altri ritengano che possa essere una proposta seria al concorso in quanto Loos riteneva che la base della architettura fosse proprio la colonna dorica.

Altro progetto è quello che viene fatto per il lido di Venezia, ovvero la villa Miossi (1923). In questo progetto possiamo vedere i solai sfalsati, tipici della sua architettura, e può essere considerata una interpretazione moderna della casa mediterranea. L’orientamento è quello est-ovest, con aperture più ridotte nella zona sud, per evitare il forte calore del sole mediterraneo. Il fulcro della casa è il terrazzo a cui si arriva attraverso una scala esterna (come prevedeva la tipica casa mediterranea); la facciata è molto semplice e rigorosa, a cui corrisponde un interno molto confortevole.

Nel periodo che passa a Parigi progetta la casa di Tristan Tzara (1927). Loos si trova a lavorare su un terreno scosceso, la casa è divisa in due parti, la parte più corposa è quella a terra, in pietra ed è la parte dedicata all’affitto, mentre al si trova la casa del poeta, che invece è di forma quadrata, caratterizzata da uno schermo di intonaco bianco, bucato da una loggia con un ingresso, sul fondo della stanza si trova uno specchio, che riflette la luce dell’esterno. La facciata di rappresentanza più studiata è quella sulla strada, mentre le altre sono più convenzionali.

Sempre a Parigi progetta la casa di Josephine Baker (1928), di questa casa non è rimasto molto, si hanno notizie solo da un collaboratore, si tratta di un accostamento di volumi costituiti da un parallelepipedo e da un cilindro, la casa è incentrata sulla piscina interna che può ricordare l’impianto del patio della casa romana; altra caratteristica è il rivestimento di facciata bianco e nero, che riprende l’architettura romanica.

Altra casa simbolo è la villa Moller (1928) quando ritorna a Vienna, questa è il classico esempio di alterità tra interno ed esterno, come al solito intonaco bianco, sul fronte strada si trova un aggetto che è dato dal blocco della biblioteca. Facciata con pochissime aperture e grande libertà di pianta, da notare il fatto che tra le stanze, divise da pochi gradini, questi ultimi sono retrattili, ad indicare chiaramente i diversi piani.
Mentre la facciata su strada è molto studiata, assolutamente banale e funzionale è la facciata sul giardino.

L’altra villa è la villa Müller (1930) che segue lo stesso principio della precedente, troviamo sempre una grande chiusura all’esterno, le tutte le altre caratteristiche tipiche del suo linguaggio.

Nell’ultima parte della sua vita progetta anche la casa alla werkbundsiedlung (1930-32), con la volontà di produrre elementi di qualità chiaramente riconducibili alla nazione di appartenenza, si tratta in questo caso di una abitazione per la werkbund proponendo un nuovo modo di abitare in relazione al verde, riprendendo in parte il concetto della città giardino. Vengono richiesti dei modelli abitativi per un ceto operaio e qui Loos propone il suo tema raumplan anche per la massa (anche se era indicato per un ceto più alto), interessante vedere come in un piano di 4 metri di altezza lo divide in due posizionando sotto il tavolo da pranzo e sopra una scrivania, entrambi luoghi dove si sta seduti, sfruttando adeguatamente lo spazio.

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